• Docenti

CHI PARTECIPA

PARCO NAZIONALE DELLA SILA

Inquadramento istituzionale ed amministrativo

 

Il Parco Nazionale della Sila fu istituito con la Legge n° 344 dell'8 ottobre 1997 e dotato di una struttura gestionale ed amministrativa stabile in seguito al Decreto del Presidente della Repubblica del 14 novembre 2002 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17/03/2003). Il Parco comprende le due aree denominate «Sila Grande» e «Sila Piccola» del Parco nazionale della Calabria, che contestualmente cessa di esistere, ed include anche i territori tra loro interclusi e contermini di pregevole interesse naturalistico, per una superficie complessiva di 73.695 ha. Con l’attuale perimetrazione, il Parco interessa i territori di 19 Comuni, posti in posizione baricentrica rispetto alla Calabria, di cui 9 in Provincia di Cosenza, 6 in Provincia di Catanzaro e 4 in Provincia di Crotone (Tabella 1).

 

Tabella – Comuni in cui ricade il Parco Nazionale della Sila

COMUNI PARCO NAZIONALE DELLA SILA

PROVINCIA DI CATANZARO 19,43%

Albi

Magisano

Petronà

Sersale

Taverna

Zagarise

PROVINCIA DI COSENZA 68,28%

Acri

Aprigliano

Bocchigliero

Casali del Manco

Celico

Corigliano Rossano

Longobucco

San Giovanni in Fiore

Spezzano della Sila

PROVINCIA DI CROTONE 12,28%

Cotronei

Mesoraca

Petilia Policastro

Savelli

 

Fonte: Fase conoscitiva del Piano di Sviluppo Economico e Sociale del Parco Nazionale della Sila

 

Inquadramento geografico

Il territorio del Parco Nazionale della Sila è situato nell'ambito del più ampio altopiano silano ed appartiene al sistema montuoso della catena appenninica meridionale. La Sila è conformata a mo' di acrocoro a forma di quadrilatero, con il lato più lungo orientato in senso Nord-Sud e il più corto in senso Est-Ovest, confinante a nord con la piana di Sibari, ad ovest con la valle del Crati, a sud con la Piana di Lamezia e ad est con le colline del Marchesato.

L’area è caratterizzata da una serie di ampi pianori che si elevano ad altitudine media superiore ai 1.300 m s.l.m. e dai quali si innalzano numerosi rilievi, i più alti dei quali superano in genere i 1700 m di quota. Le cime più alte sono distribuite lungo una fascia che segue l’orlo occidentale dell’acrocoro, tra cui Monte Botte Donato, che con i suoi 1928 m rappresenta la vetta più elevata, Monte Scuro (1621 m) e Monte Curcio (1768 m).

Il territorio viene comunemente suddiviso in Sila Grande, Sila Greca e Sila Piccola, denominazioni che non hanno un preciso significato morfologico, ma derivano da antiche divisioni amministrative. Il nome Sila viene dal latino silva, a dimostrazione della ricchezza di foreste di questo territorio sin dall’antichità, che ancora oggi e caratterizzato da estese formazioni forestali costituite in gran parte da pinete di Pino laricio e da faggete. Pur avendo subito a partire dall’Epoca Romana e nel corso dei secoli lo sfruttamento da parte dell’uomo, che ne ha modificato le caratteristiche originarie, le foreste silane costituiscono tuttora un patrimonio naturalistico di grande rilievo e interesse biogeografico e faunistico.

 

Clima

Il clima sull’altopiano della Sila è ascrivibile al tipo temperato freddo e rientra nella varietà con estate temperata e siccitosa alle quote meno elevate che passa gradualmente alla varietà con estate fresca ma spesso piuttosto siccitosa. Nel territorio del Parco la pluviometria e le condizioni termiche mutano in relazione alle variazioni di altitudine e alla esposizione dei versanti. Le temperature medie annue sono comprese tra 12 e 7 °C, quelle del mese più freddo tra 3 e 2 °C, quelle del mese più caldo tra 21 e 16 °C, con valori medi dei minimi annui rispettivamente di -7 e 13 °C. L’escursione media annua è compresa tra 16 e 18 °C. La piovosità media annua varia tra 1.000-1.100 mm e 1.400-1.700 mm.

Il 60-70% delle precipitazioni è concentrato per nel periodo autunnale e invernale, da ottobre a marzo, quando si superano i 100 mm mensili; solo il 7-10% delle precipitazioni si verificano nel periodo estivo. Il periodò di aridità estivo è molto contenuto e varia tra poco più di 2 mesi a meno di un mese.

Paesaggio invernale (Foto: Archivio Ente Parco)


 

Risorse idriche

Il Parco della Sila è caratterizzato da una notevole ricchezza di risorse idriche, la cui abbondanza è legata alle caratteristiche geomorfologiche e climatiche dell’area. Il substrato prevalentemente metamorfico e granitico dell'altopiano ha una scarsa permeabilità e favorisce lo scorrimento superficiale delle acque meteoriche che, nella fascia montana e submontana, risultano particolarmente abbondanti. Il territorio del Parco è attraversato da una rete capillare di corsi d’acqua che si riversano in quattro corsi d’acqua principali, i fiumi Neto, Crati, Trionto e Tacina che danno luogo ai rispettivi 4 bacini idrografici presenti nell’area del Parco. Vi sono inoltre altri tre corsi d’acqua di una certa rilevanza: il fiume Savuto, l'Alli e il Coràce. (Figura 1).

 

Figura – Bacini idrografici rientranti nel Parco della Sila

 

A partire dagli anni ’20 del secolo scorso furono realizzati i primi grandi invasi artificiali per l’utilizzo dell’acqua per la produzione di energia elettrica e per l’irrigazione. Attualmente sono presenti sul territorio silano, a quote comprese tra i 1100 e i 1400 m di quota, sei bacini lacustri tra i quali i più importanti per superficie occupata e portata d’acqua, sono il Lago Arvo, il Lago Cecita e il Lago Ampollino. Ai bacini maggiori si affiancano quelli più piccoli di Ariamàcina, del Votturino e del Passante.

 

Il paesaggio silano

Il paesaggio silano, apparentemente molto omogeneo a causa della dolcezza dei suoi pendii e dell’estesa copertura boschiva, ospita un’elevata biodiversità. Le pratiche agro-silvo-pastorali tradizionalmente esercitate nel territorio in oggetto hanno consentito infatti, nel tempo, la conservazione di un patrimonio naturale rimarchevole ed hanno contribuito a plasmare elementi del paesaggio di particolare valore o interesse. La maggior parte del territorio, di accentuata acclività, è coperto di boschi, allevati sia a ceduo sia a fustaia, che costituiscono la base per una filiera del legno funzionante e ricca di tradizioni. I boschi sono inframmezzati da pascoli, oggetto da millenni di utilizzo mediante transumanza verticale, vale a dire di pascolo di bestiame ovicaprino, bovino e suino che si sposta stagionalmente dai paesi di fondovalle alle pasture di collina e montagna.

L’altopiano è sede invece di un’agricoltura intensiva irrigua, basata tradizionalmente sull’apporto dei bacini artificiali e svolta in aree per lo più esterne ai confini del Parco. La coltura da reddito è la patata, riconosciuta anche con marchio IGP, che assorbe una quantità rilevante di lavoro, fornendo produzioni di elevato interesse, sia qualitativo, sia in termini di fatturato.

Al margine dell’altopiano sono presenti straordinari monumenti di epoca medioevale come la Badia Florense di San Giovanni in Fiore e il monastero di Santa Maria del Pàtire, affacciato su Rossano e sul litorale dello Jonio.

Il Parco è prossimo all’autostrada A3 che si interpone tra il massiccio montuoso e la costa tirrenica, mentre al suo interno è attraversato dalla SS 107 Silana-Crotonese e da ulteriori strade statali, quali la SS 177 Silana di Rossano e la SS 108 bis Silana di Cariati, che collegano l’area protetta alla SS 106, lungo la costa ionica, e alla SS 18 lungo la costa tirrenica.

Le infrastrutture ferroviarie si snodano principalmente lungo le due coste, mentre quelle che interessano l’area protetta sono costituite dal treno a scartamento ridotto delle Ferrovie Calabro-Lucane (Cosenza - Catanzaro) e da un tratto in locomotiva a vapore (Camigliatello - San Giovanni in Fiore), recentemente riattivato a scopo turistico.

 

Pinete dal Lago Cecita (Foto: Archivio Ente Parco)

 

Geologia e geomorfologia

Nel 1915 il viaggiatore tedesco Norman Douglas, autore del diario di viaggio “Old Calabria” definì così la Sila “..è un venerando altopiano granitico, che si ergeva qui quando gli orgogliosi Appennini sonnecchiavano ancora sul letto melmoso dell'oceano...”. Infatti, sotto il profilo geologico, il Massiccio della Sila appartiene all’Arco Calabro-Peloritano, che rappresenta un frammento di catena alpina cretacico-paleogenica sovrascorso sulle unità più interne della catena appenninica (Paleozoico, circa 300 milioni di anni fa). In Sila è possibile riscontrare traccia di tre differenti orogenesi, a testimonianza dell’importante ruolo svolto dall'area a partecipare, per più di 300 Ma, al processo di costruzione della crosta continentale europea. Nessun altro luogo al mondo ha lo stesso record geologico. Esso è formato da scaglie di basamento cristallino ercinico e da complessi filladici paleozoici che si alternano a coltri liguridi ed austroalpine. Si riscontra la prevalenza di rocce di tipo intrusivo (granito, granodioriti, quarzodioriti) soprattutto in prossimità del Lago Cecita. Le rocce granitoidi appaiono spesso alterate, trasformate in sabbioni scarsamente cementati (arenizzati) e in alcune zone anche abbastanza fratturate. La permeabilità varia molto in funzione dello stato di alterazione e di fratturazione, andando da mediamente bassa a molto alta nelle zone di maggiore degradazione. In prossimità del Lago Cecita e lungo le incisioni vallive dei corsi d’acqua sono riscontrabili depositi continentali più o meno recenti di tipo alluvionale (ghiaia, conglomerati e sabbie di origine fluviale) argille e prodotti di dilavamento derivati dall’alterazione e dal disfacimento delle rocce cristalline e metamorfiche e depositi di tipo lacustre (limi, argille, sabbie). Le cime di alcuni monti, come Botte Donato (1.928 m s.l.m.) e Serra Stella (1.813 m s.l.m.), sono circondate da sedimenti morenici che testimoniano l’azione operata dai ghiacciai fino a 10.000 anni fa. Il fianco orientale della Sila decresce regolarmente verso il Bacino di Crotone, ed è a volte interessato da un complesso sistema di faglie probabilmente relazionato alla tettonica salina indotta dai diapiri di sale del Messiniano. Il fianco meridionale della Sila è controllato dalla presenza di un sistema di faglie E-W che definisce la fossa di Catanzaro. Verso ovest, il Massiccio della Sila scende abbastanza regolarmente verso il Bacino del Crati, orientato secondo una direttrice strutturale N-S. Il Bacino del Crati è un bacino estensionale riempito da una successione sedimentaria che va dal Miocene all’attuale. Alcune delle faglie all’interno e lungo i fianchi del Massiccio della Sila sono sismogenetiche, e rendono conto dell’elevata sismicità dell’area. La storia di esumazione del Massiccio della Sila mostra un rapido raffreddamento delle rocce cristalline del basamento tra 35 e 15 Milioni di anni fa, come effetto di una distensione crostale e di processi di erosione subaerea. Il successivo sollevamento quaternario della Sila è registrato da gradinate di terrazzi fluviali e marini localizzati, rispettivamente, nella Valle del Crati e lungo la costa ionica della Calabria. Le velocità di sollevamento relative all’analisi di questi terrazzi sono comprese tra 1 e 0,4 mm/a. I versanti della Sila sono caratterizzati da un paesaggio costituito da incisioni vallive profonde, strette e dai versanti molto ripidi, alternate a interfluvi ampi e rotondeggianti. Tale paesaggio contrasta fortemente con quello della sommità del massiccio, che presenta una morfologia leggermente ondulata caratterizzata da modesti rilievi e valli ampie, svasate e poco incise. Queste caratteristiche sono tipiche di paesaggi sviluppatisi in prossimità del livello del mare e in condizioni di stabilità del livello di base. Ciò contrasta con la quota a cui si trova attualmente la sommità del massiccio silano. Tale morfologia è stata interpretata come un’eredità di un antico paesaggio (paesaggio relitto o paleo-paesaggio) formatosi prima del tardo Pleistocene inferiore, ossia prima dell’aumento del tasso di sollevamento che caratterizza il Pleistocene medio e superiore. Infatti, i fiumi stanno incidendo profondamente i versanti del massiccio silano proprio in risposta a questo sollevamento recente, ma nella loro azione erosiva regressiva non hanno ancora raggiunto il paesaggio relitto.

Le strutture geologiche affioranti nell'area del Parco Nazionale della Sila sono il punto di comparsa di tre diverse orogenesi coincidenti nello stesso sito:

  • falde dalla crosta continentale ercinica (orogenesi ercinica: 330-300 Ma)
  • falde dall’orogenesi eo-alpina e meso-alpina (orogenesi alpina: 100-40 Ma)
  • falde dal corso dell’orogenesi appenninica (orogenesi appenninica: 25-0 Ma)

Questa straordinaria storia geologica ha fatto della Sila un luogo particolarmente ricco e significativo dal punto di vista dell’evoluzione di molte specie di importanza internazionale e degli habitat cui esse sono legate. In particolare, il suo ruolo di ‘rifugio’ di specie durante le glaciazioni, dovuto all’isolamento geografico, specie che poi sono tornate a popolare altri territori settentrionali, ha fatto della Sila un importante ‘serbatoio di biodiversità’ per aree molto più vaste e lontane. L’aver ospitato processi microclimatici e macroclimatici unici spiega come sia oggi un hotspot nel Mediterraneo, quindi di interesse internazionale, e come si rinvengano tutt’oggi specie con altissima diversità genetica all’interno delle rispettive popolazioni locali.

 

Biodiversità

Una delle conseguenze più importanti di questa lunga ed articolata storia geologica della Sila è rappresentata da un livello molto alto di diversità biologica, riscontrabile a livello di popolazioni, specie, comunità e habitat. La ricchezza e il pregio dei valori naturalistici del Parco Nazionale della Sila sono confermati dalla presenza di numerose altre aree tutelate, riconosciute a livello nazionale ed europeo; infatti, risultano totalmente o parzialmente inclusi nel perimetro del Parco 28 siti della Rete Europea Natura 2000, di cui 25 SIC e 3 ZPS, e 9 Riserve Naturali Statali che si estendono su una superficie pari al 46 % del territorio del Parco.

In tale ottica, nel 2011 l'Ente Parco ha avviato il percorso di candidatura a tre riconoscimenti internazionali dell'UNESCO:

- Patrimonio Mondiale Naturale dell’Umanità;

- Riserva della Biosfera (MaB);

- Geoparco

Recentemente (giugno 2014) l'area del Parco è stata inserita in una Riserva della Biosfera più ampia denominata “Area MaB Sila” (i territori del Parco rappresentano le aree ‘core’ e ‘buffer’), ad ulteriore dimostrazione di un consolidato rapporto con le popolazioni locali e con le amministrazioni territoriali circostanti, nonché di una completa conformità con i valori di protezione e valorizzazione dell’UNESCO. Il percorso intrapreso per gli altri due prestigiosi riconoscimenti UNESCO è, ad oggi, tuttora in corso e si confida d            i conoscerne presto l'esito, auspicabilmente favorevole.

Il Parco, che è inoltre localizzato fra altre due importanti aree naturali protette, il Parco Nazionale del Pollino e il Parco Regionale delle Serre, svolge un ruolo centrale in un’ottica di integrazione della Rete Ecologica Regionale con i sistemi nazionali (Rete Ecologica Nazionale) ed europeo (Rete Natura 2000) - in linea con la strategia più complessiva di conservazione della biodiversità così come previsto e programmato dalle Direttive europee 2009/147/CE (ex 79/409/CE, Direttiva Uccelli) e 92/43/CE (Direttiva Habitat) e dalla normativa nazionale e regionale.

 

Flora e vegetazione

Il Parco Nazionale della Sila è un parco quasi esclusivamente montano, dominato da boschi e da pascoli che interessano l’81 e il 4% della superficie totale. È caratterizzato dalla presenza massiccia del faggio (35% della superficie a bosco) che interessa prevalentemente le aree più in quota e dalle pinete di pino laricio (43% dei boschi) nelle vaste aree pianeggianti o in leggero pendio che contraddistinguono l’altipiano. In Sila Piccola particolarmente importanti dal punto di vista storico-culturale e vegetazionale sono i boschi misti faggio-abete di Monte Gariglione e Monte Femminamorta. In Sila Greca assumono rilevanza i popolamenti di querce (soprattutto, cerro e farnetto), localmente misti con aceri e frassini e altre latifoglie. Nella Presila di Catanzaro, dove il territorio del Parco scende a quote modeste, si hanno cedui ecastagneti da frutto, soprassuoli di leccio, localmente misto a sughera e rimboschimenti di pini mediterranei. Tipici di tutta l’area del Parco sono anche i pioppeti di tremolo, soprattutto nelle zone percorse da incendi, e le formazioni di ontano nero lungo i corsi d’acqua.

Gli studi disponibili consentono di stimare la flora dell’altopiano silano in circa 1.200 taxa tra specie e sottospecie, appartenenti a 440 generi e 90 famiglie. In Sila si rinviene quasi la metà della flora presente nella Regione Calabria, stimata in 2.629 entità. Questo dato evidenzia la elevata ricchezza floristica di questi territori dovuta alla diversità di habitat e alle peculiari vicende paleogeografiche e paleoclimatiche che hanno interessato l’altopiano silano. Tra le specie presenti si registra un’abbondanza di elementi mediterranei (circa il 30%), seguiti dalle specie eurasiatiche (23,2%). Significativa per un territorio al centro del mediterraneo è la presenza di specie settentrionali (17%) ed europee (10,3%). I taxa endemici, tra specie e sottospecie, sono oltre 90 e rappresentano l’8% della flora totale, una percentuale paragonabile a quella degli altri sistemi montuosi dell’Italia meridionale. Dal punto di vista floristico la Sila è considerata dagli studiosi del settore come una delle aree dell’Appennino meridionale dove più alto è il tasso di endemismo. Tra gli endemiti della Sila un posto di rilievo spetta al Pino laricio o Pino nero di Calabria (Pinus nigra subsp. calabrica), che caratterizza gran parte dei boschi silani. Il patrimonio di pregio della flora di un territorio è rappresentato, oltre che dalle specie endemiche, da quelle al limite di areale (presenti spesso con popolazioni estremamente isolate dal resto dell’areale principale) e più in generale da quelle rare e localizzate. Sono queste le specie che contribuiscono a caratterizzare un’area sotto il profilo floristico e fitogeografico e ne esprimono l’importanza e il valore naturalistico. Nel territorio silano questo contingente ammonta a ben 89 taxa. Sotto il profilo fitogeografico la vegetazione della Sila è molto singolare perché caratterizzata da sintaxa endemici, o al limite di areale, che riflettono le specificità paleogeografiche e paleoclimatiche di questo territorio. Queste fitocenosi sono rifugio per una ricca flora endemica.

Dal punto di vista forestale, la Sila è caratterizzata da pinete di pino laricio, da boschi misti pino laricio-faggio e, su superfici più limitate, da popolamenti di faggio. A questa fanno seguito le aree poste a quote tra 801 e 1200 m s.l.m. (22%) contraddistinte prevalentemente da rimboschimenti di pino laricio, da formazioni di querce mesofile e, subordinatamente, da cedui di castagno. Le zone che si trovano tra 1601 e 2000 m s.l.m. (10% della superficie complessiva) sono interessate essenzialmente da faggete, localmente miste ad abete. Quelle poste a quote inferiori a 801 m s.l.m. rappresentano appena il 2% della superficie complessiva e caratterizzano alcune zone della fascia Presilana: sono dominate da cedui castagno e di querce mesofile e, su piccole superfici, da cedui di querce sempreverdi. Sull’altopiano sono meno diffuse le formazioni arbustive, che costituiscono uno stadio della serie dinamica dei boschi di faggio e pino laricio. Si tratta di formazioni arbustive legate ad un bioclima temperato, che colonizzano rapidamente gli ex coltivi e i pascoli non utilizzati. Essi inoltre formano il mantello forestale dei boschi di latifoglie (querce e faggi). In questi cespuglieti sono ospitate anche alcune specie endemiche come Viola messanensis e Polygala alpestris subsp. angelisii e Rosa viscosa. Particolare saliente del paesaggio silano sono le vaste superfici occupate da vegetazione erbacea con un mosaico di pascoli aridi e umidi che si alternano in un complesso mosaico in relazione alla disponibilità idrica e alla profondità dei suoli. Tali pascoli sono una risorsa fondamentale per l’allevamento del bestiame che da secoli viene condotto in modo tradizionale sull’altopiano. I pascoli aridi silani ospitano un ricco contingente di taxa endemici dell’Italia meridionale quali Phleum ambiguum, Bunium petraeum, Hieracium macranthum, Silene sicula, Koeleria splendens subsp. brutia, Petrorhagia saxifraga subsp. gasparrinii, ecc. La vegetazione dei pascoli umidi, frequenti sulle ampie superfici depresse, pianeggianti o quasi, caratteristiche del plateau silano, è di tipo prettamente europeo ed ha qui l’estremo meridionale della sua distribuzione. La notevole disponibilità idrica favorisce una serie di ambienti umidi specializzati che ospitano la diversificata vegetazione igrofila, acquatica e palustre. La vegetazione igrofila nemorale si sviluppa lungo i corsi d’acqua ombreggiati da formazioni forestali quali faggete e ontanete. Essa ospita un ricco contingente di specie d’interesse fitogeografico quali Lereschia thomasii, Chrysosplenium dubium, Chaerophyllum hirsutum subsp. calabricum. Nelle zone acquitrinose con costante ristagno di acqua si rinviene una vegetazione igrofila ad elofite differenziata in varie associazione palustri, mentre a quote superiori ai 1.400 m s.l.m. sono presenti depressioni umide le cui caratteristiche ecologiche favoriscono la formazione di torbiere a sfagni che rappresentano stazioni di rifugio per molte specie a distribuzione settentrionale come Carex stellulata, Potamogeton polygonifolius, Veronica scutellata, Potentilla erecta, Viola palustris.

Le sponde della maggior parte dei laghi artificiali presenti nel Parco Nazionale della Sila sono soggette a periodiche fluttuazioni stagionali della linea di costa. In alcuni casi si ha il prosciugamento temporaneo di estese superfici del bacino con l’emersione di suoli alluvionali fangosi e umidi, che sono colonizzati da fitocenosi a terofite igrofile, a cui si accompagnano, a volte, piccole emicriptofite e geofite. In questa vegetazione si localizzano alcune singolari specie igrofile effimere come Limosella aquatica e Schoenoplectus supinus, con popolazioni disgiunte poste al limite meridionale dall’areale.

Le fitocenosi sommerse e natanti presenti nei bacini lacustri sono inquadrabili in un'alleanza endemica di Calabria e Sicilia caratterizzata dalla dominanza di rizoelofite a portamento prostrato e da rizofite sommerse quali Alopecurus aequalis, Glyceria spicata e Lytrum portula.

 

Foto: Archivio Ente Parco

 

 

Fauna

La biodiversità animale del territorio del Parco annovera nel suo complesso 175 specie di vertebrati autoctoni, così suddivise: Mammiferi 65, Uccelli 80 (considerati solo i nidificanti), Anfibi 12, Rettili 16, Pesci: 2, senza contare le entità alloctone e quelle di comparsa occasionale o erratiche.

La fauna invertebrata è ovviamente molto più numerosa, stimabile in circa 4500-5000 specie, incluse le 14 specie endemiche della Calabria.

 

Invertebrati

L’invertebratofauna del Parco Nazionale della Sila si può considerare abbastanza ben conosciuta, sebbene per alcuni gruppi le informazioni siano ancora molto frammentarie e necessitino di corposi approfondimenti. Per quanto riguarda gli insetti, che da soli comprendono probabilmente i due terzi o più di tutti gli organismi viventi, la maggior parte degli Ordini è rappresentata da un numero di specie particolarmente elevato, ove comparato con altre aree dell’Italia meridionale. Questa alta diversità negli insetti è certamente associata all’elevata diversità floristica, combinata con una notevole diversificazione degli habitat anche sotto il profilo litologico, geologico e paesaggistico. Inoltre, le precipitazioni particolarmente abbondanti della maggior parte del comprensorio sono marcatamente superiori a quelle di quasi tutte le altre aree della porzione meridionale dell’Italia peninsulare.

Questo insieme di condizioni ha consentito la permanenza di un complesso mosaico ambientale (dalla macchia submediterranea alle foreste di media quota di Pino nero di Calabria, fino alle radure e alle emersioni rocciose con praterie di media-alta quota), alle quali hanno potuto sovrapporsi numerose differenti componenti biogeografiche (elementi Ovest- ed Est-Mediterranei, elementi euro-sibirici ed euro-asiatici associati a climi relativamente freddi e umidi, elementi steppici e parasteppici, ecc.). In associazione con queste condizioni biotiche ed abiotiche particolarmente favorevoli, una serie di eventi tettonici, paleoclimatici e paleoecologici (in particolare gli effetti della serie di Glaciazioni Plio-pleistoceniche) hanno favorito il l’insorgere ed il mantenimento di un’alta diversità genetica nelle locali popolazioni di una grande ed eterogenea varietà di animali, con l’isolamento e il successivo differenziamento specifico di una serie importante di taxa, divenuti endemici della Calabria o degli altipiani del Parco Nazionale della Sila.

A tal proposito risulta importante sottolineare anche che l’attuale fauna silana è rappresentata da circa 3.500 specie, ma recenti stime lasciano prevedere che il numero effettivo di specie possa avvicinarsi e forse superare le 10.000.

Il complessivo scenario faunistico del Parco Nazionale della Sila sembra evidenziare con una certa chiarezza il ruolo particolarmente rilevante di alcuni ecosistemi, quali in particolare i residui lembi di foreste vetuste, dove sono conservati i nuclei relitti di foreste di pino nero di Calabria, con la loro associata e spesso peculiare entomofauna saproxilica. Ricordiamo Osmoderma italica (cetoniide appartenente allo stesso genere di Osmoderma eremita emblema dello stato di conservazione delle foreste europee, specie prioritaria della Direttiva Habitat ad alta priorità di conservazione, a causa della rarità delle condizioni ambientali favorevoli al suo ciclo biologico), Cucujus cinnaberinus, (cucujidae subcorticicolo, legato a consorzi forestali maturi, segnalato per la Calabria agli inizi del 900’, non sembra essere stato catturato in Italia nel corso degli ultimi 50 anni), Eurythyrea austriaca (Buprestidae legata alle vecchie stazioni autoctone di abete bianco), Acanthocinus xanthoneurus (specie esclusiva delle faggete, con la larva monofaga, si nutre solo del legno di faggio) e Rosalia alpina (cerambicide molto nota per la sua appariscente colorazione azzurra con grandi macchie nere, con le larve che si sviluppano nei tronchi marcescenti).

 

Cucujus haematodes (Foto: © Antonio Mazzei)

 

Gli ecosistemi acquatici, in particolare le porzioni sorgentizie e di rhytral dei numerosi piccoli e medi corsi d’acqua che scorrono in Sila, colonizzati da numerose specie endemiche o sub endemiche di artropodi bentonici (ad esempio alcuni Plecotteri, Tricotteri, Ditteri Tipulidi, Coleotteri Idrenidi e Idrofilidi, comprese alcune specie nuove per la scienza già individuate, e che

attendono la formale descrizione da parte di specialisti). Alcuni gruppi di insetti fitofagi più o meno specializzati (Coleotteri, farfalle notturne e diurne, Ortotteri, Emitteri, ecc.), in particolare alcuni associati a piante specializzate nel colonizzare ambienti umidi relitti di torbiera, quasi unici nell’Italia meridionale, o associati a radure, praterie xeriche steppiche e parasteppiche di media o alta quota, ecc. Anche i suoli superficiali, sebbene marcatamente meno ricchi di specie endemiche ed esclusive rispetto ad altre aree peninsulari italiane dominate da substrati calcarei, potrebbero ancora rivelare importanti sorprese.

Inoltre, i territori del Parco Nazionale della Sila rappresentano per un significativo numero di specie di invertebrati che manifestano una distribuzione più o meno ampia nell’Europa centro-meridionale, un eccezionale hotspot di diversità genetica, lasciando supporre che molte di queste popolazioni possano essere in futuro elevate a ranghi specifici o sottospecifici (attraverso l’individuazione di specie criptiche, spesso definibili sulla base di caratteristiche esclusivamente genetiche) o comunque essere meritevoli di azioni di conservazione e monitoraggio dedicate, con particolare riferimento, ancora una volta, alle specie macrobentoniche delle alte aste fluviali, alle specie saproxiliche, e a quelle fitofaghe.

La maggior parte dei sopra citati taxa endemici o subendemici e conosciuti solo nel Parco Nazionale della Sila, in Calabria o in aree limitrofe dell’Italia peninsulare meridionale, rappresentano dunque un enorme e unico patrimonio dal punto di vista biogeografico, vere e proprie risorse biologiche irripetibili su scala mondiale, e di eccezionale valore universale.

 

Vertebrati

Anche la fauna vertebrata del Parco della Sila è ricca e diversificata (oltre 190 specie), sebbene siano necessari ulteriori studi per chiarire la presenza e la consistenza di alcune popolazioni come ad esempio quelle di diverse specie di pipistrelli.

 

Uccelli

Nel Parco Nazionale della Sila sono state rilevate 113 specie di uccelli. La disponibilità di diversi habitat (foreste, prati, pascoli, zone umide, ecc) e la presenza di vaste estensioni di boschi maturi con un buono stato di conservazione, sono alla base della presenza di comunità di uccelli ricche e differenziate. In particolare, i territori del Parco della Sila ospitano diverse specie di interesse conservazionistico: 13 incluse nell'Allegato 1 della Direttiva Uccelli (2009/147/CE) e 32 considerate 'specie europee di interesse conservazionistico'.

Tra le specie di uccelli nidificanti di importanza conservazionistica il Picchio nero (Dryocopus martius) è probabilmente quella più interessante nella zona per la sua importanza biogeografica.

Questo picchio ha una distribuzione disgiunta in Italia, con due sottopopolazioni: una che vive sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale e l’altra nell’Appennino meridionale. La prima, strettamente collegata alle popolazioni europee, mostra un buono stato di conservazione ed è localmente in espansione. La seconda è formata da nuclei localizzati in Appennino meridionale, isolati da settori alpini, che alcuni autori considerano come relitti glaciali. Questa popolazione meridionale non appare in espansione ed è apparentemente più minacciata a causa di intense utilizzazioni forestali che distruggono il suo habitat. Dati molto preliminari (solo 3 esemplari per la popolazione del sud) sembrano indicare differenze genetiche tra gli uccelli delle Alpi e dell'Appennino settentrionale e quelli del Sud Italia evidenziando una possibile divergenza evolutiva tra i due gruppi italiani.

Il Parco Nazionale della Sila ospita complessivamente cinque specie di picchi (Picchio nero, Picchio rosso maggiore, Picchio rosso mezzano, Picchio verde e Torcicollo). Questo elevato numero di specie di picchi è indicatore di buone condizioni ecologiche delle aree forestali.

 

Picchio nero (Dryocopus martius) (Foto: © Alberto Sorace)

Tra le specie di habitat aperti incluse nell'allegato I della Direttiva 2009/147/CE, la Tottavilla (Lullula arborea) e l’Averla piccola (Lanius collurio) sono diffuse nel Parco. Tra le specie di ambienti aperti, lo strillozzo mostra una densità medio-alta e lo si trova ad un’altitudine di nidificazione inusuale (1564 m s.l.m.).

Tra i sei rapaci di interesse conservazionistico (Nibbio reale Milvus milvus, Nibbio bruno Milvus migrans, Falco pellegrino Falco peregrinus, Falco pecchiaiolo Pernis apivorus, Biancone Circaetus gallicus e Gheppio Falco tinnunculus), il Nibbio reale, inoltre citato nelle categorie della Lista Rossa IUCN nella categoria 'quasi minacciato', nidifica nella parte sud-est del Comune di San Giovanni in Fiore, a circa 700 m s.l.m., ai margini del Parco Nazionale della Sila. Per il congenere Nibbio bruno, è rilevante che due individui svernanti sono stati osservati ai confini tra San Giovanni e Caccuri nell’inverno 2014. I casi di svernamento di questo rapace sono molto rari in Italia, alcune coppie di Nibbio bruno vivono nella valle del fiume Neto tra Caccuri - Cotronei e San Giovanni in Fiore e nella zona di Castelsilano.

In Sila altre specie con corologia euroasiatica o oloartica (lo Stiaccino Saxicola rubetra, il Regolo Regulus regulus, il Crociere Loxia curvirostra e il Lucherino Carduelis spinus) sono al limite meridionale del loro areale europeo, presenti con popolazioni isolate o scarsamente collegate ai loro centri principali di diffusione continentale. Di queste quattro specie, solo lo Stiaccino vive in habitat aperti, le altre tre sono specie forestali.

Il Regolo nidifica sulle Alpi e, più scarsamente, in Appennino dove manca in diversi settori meridionali e settentrionali; in Calabria è localizzato in Sila e in Aspromonte.

Il Crociere nidifica sulle Alpi e, in modo più localizzato, sul Carso e sull’Appennino settentrionale e centrale; le sue popolazioni in Sicilia (Etna) e presumibilmente quelle della Calabria (Sila, Aspromonte) dovrebbero essere incluse tra le popolazioni relitte tipiche dei boschi di conifere delle regioni mediterranee.

Il Lucherino nidifica sulle Alpi e, con popolazioni isolate, in Calabria e Sicilia; localizzato e raro nell’Appennino settentrionale e centrale, e occasionale, o senza recente conferma, in altre regioni del Centro e Sud Italia (Marche, Umbria, Molise, Campania, Puglia, Sardegna).

 

Anfibi e Rettili

Il comprensorio silano ospita comunità di anfibi molto significative sotto il profilo ecologico e biogeografico ed è indicato come una delle 51 aree ad alta diversità di anfibi e/o di endemiti del Paleartico. In Sila sono infatti segnalate quasi tutte le specie di anfibi presenti in Calabria (11 su 12) , con diverse forme endemiche o subendemiche dell’Italia (ben 8 su 11) o che trovano in Calabria il limite meridionale del loro areale (4 specie). Nove anfibi presenti in Sila sono specie di interesse europeo tutelate dalla Direttiva Habitat (Allegati II, IV o V). Tra queste particolare importanza riveste l’ululone appenninico (Bombina pachypus), un anuro endemico dell’Italia peninsulare con areale fortemente frammentato e popolazioni spesso esigue, in stato di conservazione molto sfavorevole nell’Italia mediterranea (categoria U2=bad) e incluso nella categoria “in pericolo” (EN, endangered) nelle Liste Rosse IUCN, sia a scala globale che a scala regionale (europea e nazionale). Recenti studi indicano che le popolazioni di ululone del settore calabro dell’Appennino sono le meno minacciate e mostrano adeguati livelli di variabilità genetica; per questi motivi le popolazioni tutelate dal Parco della Sila e da altre aree protette della Calabria sono particolarmente importanti.

Nel comprensorio silano sono segnalate almeno 12 specie di Rettili (su 16 segnalate in Calabria). Tra queste si citano in particolare il saettone occhi rossi (Zamenis lineatus) e l’orbettino italiano (Anguis veronensis), forme endemiche della penisola italiana recentemente riconosciute come specie distinte. L’altopiano silano ospita inoltre ben 7 rettili di interesse europeo (Allegati II, IV o V della Direttiva Habitat).

Le specie di anfibi e rettili del Paleartico sono state recentemente oggetto di numerosi studi basati su tecniche di genetica biochimica e molecolare allo scopo di indagare i processi storici che hanno concorso a strutturare l’attuale distribuzione geografica della variabilità genetica intraspecifica, con particolare riguardo all’area del Mediterraneo. In particolare, gli studi effettuati sugli anfibi della penisola appenninica hanno dimostrato che molte specie segnalate in Sila sono presenti in Italia centro-meridionale con forme geneticamente differenziate. Questi studi hanno contribuito a dare corpo alle più recenti teorie biogeografiche inerenti il bacino del Mediterraneo.

 

Ululone appenninico (Bombina pachypus) (Foto: © Daniele Salvi)

 

Mammiferi

Nel Parco Nazionale della Sila è stata accertata la presenza di almeno 49 specie di mammiferi, ma a queste potrebbero aggiungersi numerose altre specie che sono presenti in aree limitrofe e ambienti simili e che ad oggi non sono confermate per mancanza di studi specifici (ad es. 9 specie di Chirotteri). Le forme endemiche dell’Italia sono almeno 4, ma gli studi in corso con le moderne tecniche di genetica molecolare portano a ritenere che questo numero possa ancora aumentare.

Tra le specie di mammiferi minacciate a scala nazionale presenti in Sila si segnalano in particolare il lupo e la lontra. Negli ultimi anni le popolazioni italiane di lontra si sono ridotte, con molta probabilità, a poche centinaia di individui, un numero drammaticamente scarso se si considera che solo nel decennio 1963-1973, in Italia furono uccise legalmente oltre 660 lontre. Nel comprensorio silano, negli anni 2002-03, la presenza della lontra è stata accertata nel tratto centrale del fiume Neto, per il fiume Savuto, che scorre 5-6 km a sud del Lago Arvo e per il fiume Crocchio, che attualmente rappresenta il limite estremo meridionale dell’areale della specie. Il monitoraggio effettuato nel maggio 2008 nel territorio della ZPS Sila Grande includendo il lago di Cecita e i suoi principali tributari, e i fiumi Mucone, Neto, Arvo, Lese, Garga e Trionto, non ha permesso di ottenere alcun dato certo sulla presenza della lontra nell’area. Successive indagini hanno invece riconfermato la presenza della lontra, sebbene con un numero esiguo di individui. La Sila e i suoi ambienti acquatici si riconfermano pertanto come crocevia importante della distribuzione della specie in Italia meridionale.

L’areale italiano del lupo ha subito una drastica contrazione fino agli inizi degli anni ’70, periodo in cui la sua presenza era limitata a pochi e isolati comprensori montani dell’Appennino centro-meridionale, tra i quali la Sila. Negli ultimi 40 anni si è assistito ad un’inversione di tendenza e attualmente il lupo è nuovamente distribuito lungo tutta la dorsale appenninica, dalla Calabria alla Liguria, e ha ricolonizzato alcuni settori alpini. In questo scenario il territorio della Sila, nel quale la presenza della specie si è registrata stabilmente ed è stata tutelata dalle aree protette, ha rappresentato una delle roccaforti che hanno consentito il recupero della popolazione italiana. In particolare all’interno del territorio della ZPS Sila Grande è stata registrata recentemente una presenza diffusa e sono stati identificati due nuclei riproduttivi.

 

Lupo (Canis lupus) (Foto: Archivio Ente Parco)

 

Nel Parco è inoltre presente la lepre italica o appenninica (Lepus corsicanus), una specie endemica del Mediterraneo, presente in Italia centro-meridionale e in Sicilia e la cui identità tassonomica è stata solo recentemente riconosciuta. Le indagini in corso hanno confermato che questa specie vive in simpatria con la lepre europea (Lepus europaeus) in diversi settori del Parco.

Anche i micromammiferi della Sila sono molto interessanti: delle 36 specie presenti in Italia, 25 sono state studiate in modo abbastanza esauriente sotto il profilo genetico. Tra queste, 5 specie, tutte presenti in Sila, mostrano, attraverso l’analisi del mtDNA, popolazioni differenziate geneticamente in Italia meridionale e/o in Sicilia. In alcuni casi (ad es. Microtus savii e Myodes glareolus) l’entità di questo differenziamento è tale da meritare un approfondimento di tipo tassonomico.

Un recente studio genetico recentissimamente pubblicato dimostra che lo scoiattolo presente in Sila, fino ad oggi indicato come sottospecie dello scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris meridionalis), può essere considerato una specie distinta, Sciurus meridionalis.

 

Scoiattolo meridionale (Sciurus meridionalis) (Foto: © Alberto Sorace)

 

 

 

 

 

PARCO NAZIONALE DELLA SILA

FOTO: GANDOLFI

FOTO: GANDOLFI

FOTO: GANDOLFI

PARCO NAZIONALE DELLA SILA

Nei giorni 23, 24 e 25 Marzo l'ente Parco della Sila presenterà la sua attività agli studenti calabresi

img

MATERIALE


RECAPITI


MULTIMEDIA